Attacchi di panico

Cos’è un attacco di panico? Quali i sintomi comuni per riconoscere il disturbo di panico?

L’elemento principale che caratterizza il disturbo di panico è la presenza di attacchi di panico.

L’attacco di panico è la comparsa, in un breve lasso di tempo, di un’intensa paura che non è spiegata da circostanze reali presenti nell’ambiente e tali da giustificare l’intensità della paura percepita e si caratterizza per la presenza di almeno quattro sintomi quali:

  • Tachicardia, palpitazioni
  • Sensazione di soffocamento e asfissia,  mancanza d’aria, fame d’aria, frequenza respiratoria accelerata
  • Profusa sudorazione, vampate di calore o brividi
  • Tremori o forti scosse motorie, sensazioni di formicolio o torpore
  • Dolore e fastidio al petto ( motivo per il quale è frequente scambiare un attacco di panico per un attacco cardiaco)
  • Sensazione di vertigine, instabilità e sbandamento, “testa leggera” o sensazione di svenimento
  • Sensazioni di irrealtà (derealizzazione) o sensazioni di distacco da se stessi (depersonalizzazione)
  • Nausea, dolori addominali
  • Paura di perdere il controllo, impazzire o paura di morire

Durante l’esperienza di panico si  possono manifestare in pochi minuti da quattro a ben tredici sintomi, motivo per cui le crisi d’ansia possono essere anche molto diverse fra loro.

Per alcuni soggetti l’attacco di panico presenta pochi sintomi, per altri molti ed è possibile che i sintomi siano differenti di crisi in crisi anche per la stessa persona.

Oltre ai sintomi, anche la frequenza e la gravità degli attacchi di panico possono variare e possiamo ritrovare attacchi moderatamente frequenti (per es. uno alla settimana che si presenta per mesi) oppure brevi serie di attacchi frequenti o quotidiani intervallati da settimane o mesi senza attacchi o con attacchi meno frequenti per molti anni.

Un attacco di panico può presentarsi in ogni momento della giornata, ma esistono alcune situazioni e condizioni in cui una crisi d’ansia può essere vissuta come particolarmente fastidiosa e terrorizzante.X

Nel panico notturno la persona vive l’esperienza di svegliarsi improvvisamente dal sonno già in uno stato di panico: proprio perché la crisi avviene durante il sonno, in un momento di vulnerabilità, per la maggior parte delle persone quest’esperienza è molto più angosciante dell’essere preda al panico in condizioni di veglia.

Tuttavia, questo tipo di crisi d’ansia, secondo i dati dell’American Psychiatric Association, è una forma che si verifica almeno una volta in circa 25-30% delle persone con Disturbo di panico.

Oltre al panico notturno, anche quello al mattino presto è particolarmente penoso per il soggetto che ne fa esperienza, proprio perché segna l’inizio della giornata e il momento del risveglio con un disagio intenso.

Per diagnosticare il disturbo di panico non è sufficiente che la persona abbia un attacco di panico ma è necessario che vi sia almeno un altro sintomo tra i seguenti:

  • Paura d’avere nuovi attacchi: preoccupazione persistente del ripresentarsi degli attacchi e delle conseguenze che potrebbero avere
  • Modificazioni del comportamento quotidiano finalizzate a prevenire gli attacchi (comportamenti d’evitamento delle situazioni temute a rischio di sviluppo del panico).

Nel disturbo di panico quindi riscontriamo ricorrenti attacchi di panico inaspettati a cui si aggiunge il timore e l’ansia di avere un nuovo attacco di panico e, con frequenza, un cambiamento dei comportamenti quotidiani per evitare la crisi di panico.

L’insorgenza del disturbo di panico, in media si registra tra i 20-24 anni, mentre è raro nell’infanzia e insolito dopo i 45 anni d’età, seppur possibile. Il disturbo è statisticamente presente più nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1.

Il problema, se non trattato diventa un disturbo d’ansia cronico, con oscillazioni della sintomatologia.

La ricerca clinica mostra come non vi sia una sola causa scatenante all’origine del problema, ma identifica un insieme di fattori di rischio che contribuiscono all’insorgenza del disturbo di panico.

Uno dei fattori più comuni è la presenza di eventi di stress fisico e/o psicologico nei mesi precedenti alla prima crisi d’ansia: la maggior parte delle persone riferisce situazioni quali un lutto in famiglia, la rottura dolorosa di una relazione, esperienze traumatiche o malattie, problemi lavorativi, cambiamenti importanti di vita, problemi relazionali.

Eventi di vita traumatici e stressanti  possono riguardare anche il passato del soggetto:  una infanzia e adolescenza caratterizzate da abusi, violenza fisica, sessuale o psicologica non sono infrequenti in questi casi e  possono avere un peso decisivo rispetto alla possibilità di sperimentare il disturbo nella vita adulta.

Anche alcuni fattori genetici possono giocare ruolo importante nella predisposizione al disturbo. Seppur non sia ancora possibile per la ricerca medica identificare con esattezza gli specifici geni implicati, gli studi in tal senso mostrano una e un aumento del rischio di disturbo di panico nei figli di genitori con disturbi d’ansia o depressione.

Un ulteriore fattore di rischio è uno stile di vita poco salutare, con consumo eccessivo di alcol, impiego di sostanze stupefacenti o un numero non adeguato di ore di sonno quotidiano, nonché uno stile di personalità caratterizzato dall’abitudine  ad avere una visione catastrofica degli eventi e un’eccessiva preoccupazione per il futuro.

È quindi importante tenere in considerazione che non c’è una causa univoca all’origine del disturbo, ma un insieme di fattori che possono spiegarne l’insorgenza.

Conseguenze del disturbo di panico nel quotidiano

Nonostante il disturbo di panico sia un problema conosciuto, almeno in parte, anche dai “non addetti al lavori” è frequente che chi vive una crisi di panico si presenti al clinico spaventata e poco consapevole di quello che le sta accadendo.

La persona che sperimenta per la prima volta un attacco di panico vive un’esperienza inaspettata e spaventosa, i cui sintomi  possono fargli credere di avere altri disturbi, in primis problemi cardiaci: è per questo che alcune persone si rivolgono al pronto soccorso o al medico di base, convinti di aver avuto un infarto o di star impazzendo.

Chi soffre del disturbo di panico non ha chiaro cosa lo scateni e per questo motivo la crisi di panico porta la persona a limitare i suoi spostamenti, angosciata dall’idea di star male inaspettatamente.

Un attacco d’ansia improvviso può colpire in ogni momento e luogo, di giorno come di notte, mentre si dorme o quando si è svegli, quando si è in compagnia o da soli, mentre si lavora o quando si riposa.  

Sembra spesso immotivata e la sua gravità difficile da capire per amici e parenti.

Se la durata media del picco di panico è di solo pochi minuti, lo stato d’ansia, a un livello meno intenso, può durare da circa mezz’ora o poco più a qualche ora, lasciando chi ne ha sofferto solitamente prostrato, stanco e sfinito.

Uno dei disagi più gravi, per le persone che soffrono di questa condizione, non è quindi solo l’attacco vero e proprio, ma la perdurante sensazione di timore che queste crisi possano ripresentarsi senza alcun preavviso in qualsiasi momento

Inoltre, la persona che sviluppa un disturbo di panico, oltre agli spiacevoli episodi di panico, spende diverso tempo della giornata assediata dall’ansia anticipatoria, con la mente impegnata a rimuginare sul timore di riavere un attacco.  

L’ansia e al preoccupazione limitano la persona, che comincia a modificare le sue abitudini di vita e a mettere in atto, con sempre maggior frequenza, comportamenti di protezione, controllo e di evitamento.

Tra i comportamenti di protezione più frequenti, troviamo:

  • Rassicurazioni e supporto: il bisogno d’essere rassicurati dai familiari o dal partner si traduce con l’essere accompagnati, non essere lasciati soli, essere disponibili al telefono ai primi segnali di ansia, ecc…
  • Evitamenti e limitazioni: i comportamenti evitanti hanno a che fare con la limitazione di tutte quelle attività quotidiane in cui si teme di sviluppare un nuovo attacco di panico (non allontanarsi da casa, non guidare, non prendere i mezzi pubblici, non fare più attività fisica,  evitare esperienze e persone nuove) e sono spesso associate alla presenza di agorafobia.

L’agorafobia è un’ansia marcata relativa a una o più situazioni come:

  • Utilizzo dei mezzi di trasporto (automobile, treni, autobus e metropolitane, aerei)
  • Trovarsi in spazi aperti e spaziosi ( parcheggi, piazze, mercati, parchi)
  • Trovarsi in spazi chiusi ( negozi, teatri, cinema)
  • Stare in fila e in coda o in mezzo alla folla
  • Essere fuori casa da soli

La persona teme o evita queste situazioni a causa di pensieri legati alla preoccupazione che possa essere difficile o impossibile allontanarsi oppure che potrebbe essere difficile essere soccorsi nell’eventualità che si sviluppino i sintomi del panico o altri sintomi imbarazzanti in presenza di persone estranee.

La costante paura può avere conseguenze anche gravi nella vita quotidiana: riduzione della vita sociale e difficoltà a socializzare per timore di lasciare la propria abitazione, perdita del posto di lavoro per le frequenti assenze e infine depressione sono alcune conseguenze possibili che impediranno una vita normale e soddisfacente a chi soffre di questo disturbo.

Se gli attacchi di ansia e di panico non sono curati in maniera efficace e con prontezza possono portare a gravi disagi, rendendo molto difficile la vita quotidiana, se non curati si trasformano in una condizione cronica esistenziale.

Chi ne soffre può passare la maggior parte della giornata tra crisi acute di panico e un senso d’ansia generalizzata, in cui si preoccupa di avere nuovamente un attacco di panico.

 

Il trattamento cognitivo- comportamentale per il panico

La terapia cognitiva prevede un protocollo d’intervento e cura del panico piuttosto strutturato che comprende alcuni elementi fondamentali per la risoluzione del disturbo:

  • La persona è “educata al disturbo” ovvero messa in condizioni di conoscerlo meglio e di comprendere che cosa gli stia avvenendo (come insorge il disturbo, come si manifesta, come si mantiene e aggrava).
  • La persona è sostenuta nell’imparare e mette in pratica delle tecniche specifiche per la gestione dell’ansia  e dei sintomi del panico.
  • La persona è aiutata ad elaborare un programma d’esposizione sistematico e graduale alle situazioni temute che è concordato con il terapeuta
  • La persona è aiutata a modificare le interpretazioni di minaccia irrazionali alla base della percezione del panico (pensieri catastrofici, idee irrazionali, visione vulnerabile di sè, ecc…)

L’intervento terapeutico può essere individuale o in gruppo, oppure, secondo le esigenze personali, un mix tra le due modalità (alcune persone preferiscono avere un loro spazio settimanale a cui affiancare mensilmente un contesto di gruppo con persone che stanno vivendo la loro stessa situazione).

L’intervento di terapia cognitiva termina con un lavoro di prevenzione delle ricadute volto a stabilizzare il benessere e il cambiamento ottenuto.

Il trattamento cognitivo-comportamentale per il disturbo di panico è una terapia che prevede una forte collaborazione tra lo psicoterapeuta e il paziente che saranno costantemente allineati nella definizione degli obiettivi terapeutici personalizzati alla risoluzione del problema: ad oggi questa forma di terapia per la cura del panico risulta la più validata a livello scientifico.

Nella cura del panico alla psicoterapia può essere associato anche un intervento farmacologico, sotto il controllo medico specialistico, secondo esigenza e gravità del problema.

Gli attacchi di panico si possono quindi curare con la psicoterapia e con psicofarmaci specifici, secondo la gravità del disturbo,  ma è importante alla comparsa dei primi sintomi chiedere aiuto senza indugiare troppo: intervenire tempestivamente in modo adeguato riduce il tempo delle cure e previene il rischio di cronicizzazione della patologia.

I farmaci principalmente usati per gestire i sintomi del panico sono le benzodiazepine o gli antidepressivi detti di nuova generazione, ma potrà capitare che il solo farmaco non  abbia il successo sperato e non aiuti a superare il problema.

Questa situazione è spiegata dal fatto che, senza un  intervento psicoterapeutico, la persona potrebbe non essere in grado da sola di cambiare i circoli viziosi psicologici del disturbo,  ritrovarsi all’interruzione del farmaco stesso in una situazione simile a quella di partenza.

Inoltre, la farmacoterapia non sempre è necessaria e da sola non è in grado di risolvere alla radice il problema, in quanto ha solo la finalità di ridurre il livello di sofferenza sintomatologica ma non le cause psicologiche alla base del disturbo.

E’ anche importante sapere anche che non esistono  terapie naturali di comprovata efficacia medica adatte a curare gli attacchi di panico: erbe e radici, infusi e tisane di valeriana proposti come rimedi quasi magici non sono affidabili e a volte tristemente consigliati da persone prive di formazione e scrupoli, che tendono ad approfittarsi della disperazione altrui.

Gli interventi psicoterapeutici e i farmaci controllati hanno dalla loro parte un ricchissimo insieme di studi e casistiche che ne dimostrano l’efficacia in un’alta percentuale di casi; i rimedi naturali, al contrario, non hanno documentazione a supporto.

Rivolgersi ai rimedi naturali significa, nell’ipotesi migliore, non riuscire a vincere gli attacchi di panico e, nell’ipotesi peggiore, perdere tempo prezioso e aggravare la propria condizione.

Fatte queste precisazioni, nulla vieta di affiancare a un rimedio sanitario specifico, scelte di benessere quali lo yoga, l’assunzione di prodotti erboristici: è bene però tenere a mente che non sono alternative di cura risolutive alle crisi d’ansia.

Rivolgersi alla psicoterapia è d’altra parte una forma naturale di cura, in quanto la stessa si basa sulla parola e sullo scambio umano e non sempre necessita il trattamento combinato con psicofarmaci.

Nel panorama attuale, un ulteriore intervento utile per il disturbo di panico, è l’affiancamento alla psicoterapia del protocollo di riduzione dello stress basato sulla Mindfulness.

La psicoterapia invece aiuterà la persona a comprendere l’origine del disturbo e in particolare i circoli viziosi che lo mantengono e lo aggravano, favorendo una presa di consapevolezza e di gestione da parte di chi chiede aiuto e intervento psicoterapeutico.

 

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