Disturbi di personalità

Cosa sono i disturbi di personalità? Quali i sintomi comuni per riconoscerli?

In accordo con le linee guida del DSM-5 (American Psychiatric Association, Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta edizione) un disturbo di personalità è una modalità costante d’esperienza interiore e di comportamento fortemente disallineato rispetto alle aspettative della cultura d’appartenenza.

La personalità è un insieme complesso di contenuti mentali, pensieri, stati emotivi, sentimenti e comportamenti che comincia a strutturarsi a partire dalla più tenera età, facendo, grazie all’interazione con l’ambiente, le esperienze di vita e il temperamento individuale, di ogni essere umano una persona unica.

Il disturbo di personalità può emergere così già nell’adolescenza o nella prima età adulta ed è stabile nel tempo, inflessibile e pervasivo (ovvero dominante l’esperienza del soggetto).

Il disturbo di personalità genera sofferenza e un disagio significativo per la persona, oltre a una compromissione del funzionamento sociale e/o lavorativo attraverso la rigidità e inflessibilità dello schema mentale di chi ne è affetto.

Questi schemi abituali di esperienza interiore e di comportamento si manifestano in almeno due aree importanti quali:

  • Lo stile cognitivo, ovvero il modo di percepire e interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti
  • Lo stile affettivo, con manifestazioni di intensità, labilità e inadeguatezza delle risposte emotive
  • la sfera delle relazioni interpersonali e comportamentali
  • la sfera del controllo dei propri impulsi

I principali disturbi di personalità sono:

  • Disturbo paranoide di personalità: caratterizzato da sfiducia e sospettosità, in cui le motivazioni degli altri sono interpretate come malevole
  • Disturbo schizoide di personalità:  caratterizzato da distacco delle relazioni sociali e da una gamma ristretta d’espressione emotiva
  • Disturbo schizotipico di personalità: caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni affettive, distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità del comportamento
  • Disturbo antisociale di personalità: caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti degli altri
  • Disturbo borderline di personalità: caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e degli affetti, nonchè da marcata impulsività
  • Disturbo istrionico di personalità: caratterizzato da emotività eccessiva, esagerata e da ricerca estrema d’attenzione
  • Disturbo narcisistico di personalità: caratterizzato da senso di grandiosità, bisogno d’ammirazione e mancanza d’empatia
  • Disturbo evitante di personalità: caratterizzato da severa inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità ai giudizi negativi
  • Disturbo Dipendente di personalità: caratterizzato da comportamento sottomesso e adesivo legato a un eccessivo bisogno di essere accuditi dagli altri
  • Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità: caratterizzato da preoccupazione per l’ordine, perfezionismo e forti esigenze di controllo

I disturbi di personalità possono essere raggruppati, per semplificazione,  anche in tre macrocategorie:

  • Gruppo A: i soggetti appaiono strani, con comportamenti eccentrici o bizzarri, a disagio nei contesti sociali e spesso ritirati
  • Gruppo B: i soggetti appaiono amplificativi, emotivi o imprevedibili, con comportamenti drammatici e sregolati, difficoltà di controllo degli impulsi e di regolazione emotiva
  • Gruppo C: i soggetti appaiono spesso timorosi e ansiosi, inibiti nel comportamento, spaventati dal giudizio degli altri e socialmente frenati o chiusi

Le conseguenze del disturbo di personalità nella vita quotidiana

I disturbi di personalità non sono caratterizzati da specifici segni o sintomi riconoscibili in modo chiaro da chi ne è affetto, al punto che certe caratteristiche, che definiscono il disturbo, possono non essere riconosciute problematiche dall’individuo, ma lamentate e portate alla luce dai famigliari, dal partner o dagli amici più stretti.

Le persone con disturbo di personalità sono.spesso descritte dagli altri come persone dalla personalità difficile, difficili da amare, persone complicate o persone strane, bizzarre e irresponsabili.

Tuttavia, in altri casi, è la persona stessa a valutare certe sue caratteristiche dolorose e disfunzionali al proprio benessere e a riconoscerle come stabili abitudini di risposta e interazione con sè stesso, gli altri e l’ambiente (non è infrequente che la persona dica d’essere così fin da bambino, d’essere sempre stata così).

Nella vita quotidiana chi soffre di un disturbo di personalità fatica ad adattarsi in modo flessibile ed adeguato alle situazioni, tende a rispondere all’ambiente in modo non funzionale rispetto al contesto e ai bisogni.

Frequenti sono le difficoltà nella vita sociale e relazionale con i familiari e i colleghi di lavoro, ambiti in cui la persona manifesta comportamenti conflittuali, oppure evitanti o altamente emotivi a secondo del tipo di disturbo di personalità.

In generale comunque le relazioni risultano insoddisfacenti o poco gratificanti, così come per la maggior parte di queste persone è la vita stessa a essere frustrante e difficoltosa.

Altrettanto frequenti sono problematiche quali l’ansia, l’abuso di sostanze, il ricorso all’alcool, i problemi alimentari e amorosi.

I disturbi di personalità possono quindi creare una moltitudine di problemi nella vita quotidiana di chi ne soffre e spesso sono proprio queste difficoltà a portare la persona a chiedere un aiuto psicoterapeutico per la prima volta.

 

Il trattamento cognitivo-comportamentale per i disturbi di personalità

Se fino agli anni ‘90 si riteneva praticamente impossibile intervenire nella cura dei disturbi di personalità, oggi i trattamenti sono possibili e più strutturati per aiutare molte di queste persone a modificare e cambiare in modo più flessibile, adattivo e di benessere la loro struttura di personalità.

Nella cura di questi disturbi, l’intervento d’elezione è la psicoterapia, a discapito del trattamento farmacologico specifico, che non è risolutivo.

Tuttavia, i farmaci,  possono essere impiegati e suggeriti in collaborazione con il medico specialista per gestire aspetti di forte ansia, depressione o condotte impulsive, comunque presenti in diversi di questi disturbi e risultano efficaci per modificare dimensioni di base della personalità all’interno di un trattamento psicobiologico:

Per quanto concerne i farmaci in particolare ritroviamo:

  • bassi dosaggi di neurolettici per i problemi cognitivi e percettivi del disturbo Schizotipico
  • inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) per l’impulsività e aggressività che caratterizzano il disturbo borderline e antisociale
  • antidepressivi o ancora inibitori della ricaptazione della serotonina  per l’instabilità affettiva del disturbo bordeline e di quello istrionico
  • anti-Mao o inibitori della ricaptazione della serotonina  per l’ansietà e/o l’inibizione del disturbo evitante.

La terapia cognitiva, la terapia interpersonale e alcune forme di terapia dinamica sono state appositamente modificate per essere efficaci e la psicoterapia cognitivo-comportamentale è solitamente proposta a medio-lungo termine.

Il termini generali il trattamento cognitivo-comportamentale per i disturbi di personalità si basa su alcune fondamentali premesse:

  • Una visione integrata e biopsicosociale con un intervento che tenga conto di una prospettiva ampia della persona in stato di bisogno
  • Il livello di funzionamento e la volontà del cambiamento della persona che richiede l’intervento terapeutico, aiutata e sostenuta a tal fine

Gli obiettivi del percorso di cura comprendono l’aspetto sintomatologico, le caratteristiche di personalità legate all’ambiente e modificabili, le caratteristiche legate al carattere e al temperamento.

Il trattamento cognitivo diventa così un intervento individualizzato e personalizzato, cioè “cucito su misura” secondo i bisogni, le aspettative, la realtà della persona.

A seguito del percorso di trattamento la persona dovrebbe così trovarsi maggiormente a proprio agio nel suo ambiente, pur conservando il suo temperamento, con uno spostamento da un funzionamento “da disturbo di personalità” a uno stile di personalità più adattivo e flessibile.

 

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